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lunedì 31 gennaio 2011

Gli Italiani Hanno Ancora Senso di Fratellanza?





Di questi tempi se ne parla molto, ma se ne è sempre parlato, per la verità. Nei momenti di crisi politica, economica, sportiva, civile, religiosa: ogni qualvolta si intraveda una malparata, i nostri governatori dai vari pulpiti, che siano il trono del presidente della Repubblica, quello del Papa o qualsivoglia altro scranno ufficiale, tirano in ballo la sacralità dell’unione tra italiani, forgiata nel bronzo nemico durante la prima guerra mondiale, la gloriosa grande guerra, del quale sangue versato si lavò nelle acque del Piave. 


A quel punto, ognuno, anche il più cinico e maldisposto, si mette sull’attenti e, con la mano poggiata sul petto, intona il glorioso inno di Mameli. Altro motivo di unità nazionale, e fin qui nulla da obiettare, anzi. Ma è sufficiente che i toni trionfalistici legati ad un successo sportivo internazionale abbiano dissipato la propria eco, che dell’inebriante, travolgente ed empiente senso che tutti ci accomuna e affratella, a noi italiani, non si ha più la minima traccia. 


Faccio un esempio: durante i mondiali di calcio del 2006, quelli che ci hanno incoronati campioni del mondo per la quarta volta, non occorre ricordare che cosa sia successo per le strade italiane per una notte intera: fiumi di persone a piedi, in moto, in auto, in bicicletta hanno invaso letteralmente i centri abitati, riversandosi a migliaia, a milioni per le vie in ordine sparso, suonando i clacson, le trombe eccetera, sorpassandosi a destra, a sinistra, urtandosi, strisciando le carrozzerie delle proprie auto, di quelle altrui ma senza dare peso alcuno a tali effetti: la causa era sacrosanta, e per coronarla non si andava troppo per il sottile. 


Andiamo ora ad una giornata qualsiasi, magari lavorativa, quando per strada ci si trova appunto per recarsi al lavoro o per tornare dallo stesso: è ovvio che, non essendovi nulla di sportivo da festeggiare, né di qualsiasi altra natura, nessuno strombazza se non per mandare al diavolo il predecessore attardatosi nella partenza allo scattare della luce verde del semaforo. E anche fin qui tutto normale, o quasi. 


Provate però a sorpassare un’auto nel modo in cui più di qualcuno ha fatto durante i festeggiamenti mondiali, o peggio ancora rigare la carrozzeria di un’altra auto ferma allo stop nel tentativo di sopravanzarla, o di tamponare la stessa auto ferma, a titolo di “buffetto” di simpatia, e magari ripetere il gesto tre o quattro volte, ridendo come dei matti tutti insieme, tanto il tamponatore quanto il tamponato… Credo non sia necessario descrivere che cosa ne potrebbe venire fuori… 


Ho assistito a delle discussioni per una precedenza non data, degenerare in rissa, con intervento dei carabinieri per sedare gli animi, e trasporto all’ospedale in ambulanza dei malcapitati coinvolti. La fratellanza, dov’era finita? Come mai non era intervenuta a fare abbracciare gli automobilisti, accompagnandoli al bar vicino per bere dal calice della comprensione, del perdono, dell’uguaglianza? Come mai invece sono dovuti intervenire i carabinieri? 


Forse che ci vorrebbe una finale mondiale, con vittoria inclusa naturalmente, ogni giorno affinché le persone si comportassero benevolmente le une con le altre? Forse. Ma questo, ovviamente, non è proprio possibile. Che cosa ne ricaviamo, dunque? Che non c’è proprio nessuna fratellanza, che gli uomini, e le donne, pensano a stessi, e al minimo segnale che li porti a sentirsi defraudati di un qualsiasi diritto, fatti oggetto di una qualche ingiustizia, esplodono come delle bombe innescate. 


D’accordo, non tutti reagiamo in questo modo, e non in ogni occasione, questo è vero. Ma è davvero difficile, davvero, imbattersi in qualcuno al giorno d’oggi che, in occasioni simili o anche di natura meno violenta, non si comporti come se fosse nemico del suo prossimo. 


C’è, tuttavia, un momento di autentica fratellanza, in questo Paese fondato sulle contraddizioni che è l’Italia, e che scaturisce autenticamente dalla volontà di aiutare delle persone, con tutta probabilità sconosciute, gli altri cosiddetti, e, guarda un po’, avviene proprio per strada: passi, con il pensiero a ciò che dovrai fare nel prosieguo della giornata, rincasando dal lavoro a sessantacinque all’ora attraversando un centro abitato, stanco e con la voglia, frustrata, di andartene a dormire e, improvvisamente sei ridestato dal lampeggiare dei fari di un’auto, o un camion, che procede in senso di marcia opposto al tuo: una persona che non conosci, e che ti immagina in tutto e per tutto simile a lei, con gli stessi problemi, le stesse difficoltà nell’affrontare la vita, far quadrare il bilancio famigliare con una, o al limite due paghe mensili ma sempre dannatamente insufficienti, o appena sufficienti per far fronte alle sempre maggiori spese che la vita di una famiglia richiede, ti sta dicendo di prestare attenzione, di rallentare perché, poco più avanti, c’è una pattuglia di forze dell’ordine che, se non rientrerai subito nei limiti di velocità consentita, ti dovrà multare, perché questo è il suo lavoro. 


Ecco, questa è la fratellanza degli italiani, molto più autentica, generosa, dignitosa di quella manifestata a festeggiamento di una vittoria sportiva, in una notte d’estate, della durata di qualche ora.




Non esiste una strada sbagliata. Ogni strada ti porterà a una destinazione.


A presto!


Mario Pullini




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