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venerdì 24 dicembre 2010

La Necessità di Soddisfare Un Proprio Bisogno



A quanti di noi è capitato, a seguito di un torto subito, di fronte a un’ingiustizia rimasta senza punizione, desiderare ardentemente, con tutta l’anima di fare giustizia da se? Il sentimento nascente da situazioni disequilibrate, nelle quali il “debole” è fatto oggetto di sopruso, è dei sentimenti umani certo tra i più forti, nitidi. Va detto che tali situazioni quasi mai sono realmente punite in maniera consone alla propria efferatezza; fatto per cui può ingenerarsi in noi la volontà di “pareggiare” il conto rimasto sospeso, quand’anche la situazione non ci veda direttamente coinvolti.


Ed è proprio di situazioni con questa prerogativa che parleremo, le più disparate situazioni aventi per protagoniste le persone più diverse tra loro, coinvolte nelle infinite asperità che il caso governa giorno dopo giorno, vittime inconsapevoli e loro malgrado, o coscienti e disposte nell’animo a prender parte a quel grande, immenso gioco dalle complicate e sfaccettate regole che ci vede tutti coinvolti: i rapporti tra esseri umani. Come possiamo definire, in maniera stringata, i rapporti tra esseri umani? Scambio di cattiveria? Anche. Certo: non solo, e non sempre. Ma il nostro interesse, in questa occasione, sarà incentrato proprio sulle manifestazioni di cattiveria, pura e semplice cattiveria, scaturente in variegati modi ed entità. 



L’interazione tra esseri umani, è la risultante di uno scambio, per così dire, di azioni: per esempio, tra due persone che stanno avendo un colloquio, lo scambio, il luogo deputato del rapporto di comunicazione in atto è dato dalla coesistenza, necessaria, di un individuo che parla e un altro che ascolta: una volta stabilite le parti, ossìa chi è che sarà a parlare, e chi invece ad ascoltare, avviene una aggressione (se pure questo termine possa suonare spropositato e sproporzionato!) che vedrà coinvolti due, o più individui. 


La persona parlante, prescindendo dalla natura delle sue parole, e dalla veemenza con cui le emetterà, manifesta una volontà, precisa, di “far sentire la propria voce”: un attacco in piena regola, quindi, se consideriamo, come precisato poc’anzi, che estremo fondamentale della comunicazione è una situazione di squilibrio; non potremmo difatti esprimere alcun concetto, pensiero, sentimento eccetera, se non con una platea di almeno una persona. 



“D’accordo” potrà rispondere qualcuno di noi, “E con ciò?! E’ tutto vero quanto espresso fino ad ora: ma, dove sta il male, in tutto questo? Considerato che, se uno si mette in condizione di ascoltare qualcun altro, evidentemente ha accettato il proprio ruolo di  ascoltatore…” Giusto! E la parte interessante sta proprio in questa giusta controbattitura: se è vero che, consciamente, possiamo decidere se ascoltare qualcuno che voglia parlare, mentre lo ascoltiamo, a un livello inconscio quanto rimarrà nel nostro “cestino”, per rubare un termine all’informatica, sarà paragonabile a un piccolo campo di battaglia, ove si è consumata per l’appunto una tenzone, e dove a terra sparse si possono contare le armi, i combattenti caduti. 



Per dirla in altre parole, se dopo un rapporto verbale, ma non solo! avuto con un individuo o più individui, all’interno del quale siamo stati nelle guise di parlatore quanto di ascoltatore, e l’idea con cui lasceremo il convivio sarà semplicemente di aver detto la nostra, e sentita quella d’altri, di fatto, in un’altra dimensione della nostra psiche si è consumato un dramma vero e proprio, con conseguenze che potrebbero farci prendere, attraverso meccanismi della sfera dell’inconscio, delle decisioni che altrimenti non avremmo prese, o avremmo prese in altri momenti della nostra vita. 



Per essere ancora più chiari: la nostra personalità, quella che comunemente viene intesa per tale, la summa delle nostre esperienze di esseri viventi, vanno a costituire insieme ad altri aspetti, come la genetica, la parte fisica di cui siamo composti, quello che siamo noi: sarebbe impensabile, e impossibile, un essere umano avulso da contaminazioni di altri esseri umani: fin dalla nostra venuta al mondo, difatti, subiamo l’interferenza e l’incursione di coloro che ci hanno aiutati a nascere, e coi quali, a seconda delle varie fasi della nostra vita, continueremo ad avere dei rapporti; nel frattempo la nostra schiera di conoscenze, il nostro bacino d’utenza, si allargherà ai compagni di scuola, e agli amici del bar, ai colleghi di lavoro, insomma, a tutte le persone che ci sarà dato incontrare nel corso di tutta la nostra vita, i quali, nessuno escluso, apporteranno qualcosa alla nostra torre in perenne elevazione, ognuno lascerà in noi la traccia del proprio passaggio. 


Per questa ragione, all’inizio di questo nostro incontro, si è parlato di cattiveria: non che ogni azione umana abbia in sé della cattiveria, nell’accezione che è di unanime consumo, ma allo stesso tempo non sbaglieremmo se volessimo considerare qualsiasi, adesso si può dire, azione umana come una aggressione. Partiamo quindi da questa acquisizione: l’essere vivente nulla fa, o non fa, che non parta da una precisa e forte, conscia o inconscia, necessità di soddisfare un proprio bisogno.

Non esiste una strada sbagliata. Ogni strada ti porterà a una destinazione.


A presto!


Mario Pullini

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